Non fate inca*zare l’apicoltore. Il rischio è morire di noia.
Che cos’è The Beekeeper? Beh, tradotto letteralmente significa “L’apicoltore”, ma qui parliamo del film diretto da David Ayer… avete presente? Il regista di Fast and Furious, The Suicide Squad, End of Watch… proprio lui! Un tipetto che ci va giù pesante con le armi, le scene di stunt e gli effetti speciali. Ora prendete il signor Ayer, dategli Jason Statham per protagonista, mettetegli in mano un capanno, delle arnie, un bel po’ di barattoli di miele e un quantitativo spropositato di armi di tutte le taglie. Cosa ne viene fuori? Niente a che vedere con la pappa reale.
Sappiate solo che in un alveare certe volte un’ape può ribellarsi alla regina e ucciderla, se ha generato una progenie inadatta. Che c’entra? Lo vedremo più avanti… forse. Quello che per adesso conta sapere è che se l’attaccamento di Adam Clay per le api e il miele fosse lo stesso per orologi e gioielli vari, sarebbe uno sponsor perfetto per la Breil: “Toglietemi tutto ma non il mio miele”. Altro punto fondamentale è che tutto è alveare, tutto è api, calabroni, vespe ma i bombi non vengono nominati mai. Ora, bando alle ciance, vediamo come un apicoltore possa trasformarsi in una letale arma di distruzione di massa che né la CIA, né l’FBI possono fermare.
Non si scherza con il miele
Che pace la vita dell’apicoltore che si prende cura delle sue api! Si occupa di preparare miele di qualità in grandi barattoli per rendere il mondo un posto più dolce. Adam Clay, nel suo appezzamento di terra, con il suo cappellino da baseball sempre in testa, nella sua capannina cadente e mezza scassata è il ritratto della serenit… no, scusate. Il nostro protagonista, in realtà, sembra il nuovo modello Terminator 2.0 versione IA. Maneggia le sue arnie come se fossero blocchi di cemento da cento chili e mette il miele nei barattoli che pare Oppenheimer con la bomba atomica. Ha scritto “agente speciale” sulla fronte e forse per questo porta il berretto. E infatti è un ex Beekeeper, ovvero un membro di un’agenzia segreta che risponde solo a se stessa. Insomma, l’effetto non-sorpresa è garantito già dalle prime scene.
Ad ogni modo, tutto ha inizio quando la vicina che affitta l’appezzamento di terra ad Adam Clay si suicida perché un’organizzazione di truffatori le svuota tutti i conti online. Da lì l’intrepido apicoltore, sveste i panni del pensionato e indossa quelli della macchina da guerra. Attraverso un sistema di localizzazione pazzesco che non possiede nemmeno il governo e al quale, invece, lui ha chiaramente accesso, trova la sede da cui è partita la truffa, la raggiunge, atterra tutte le guardie che trova e dà fuoco a tutto con taniche di benzina ed esplosivi.
Poi ovviamente c’è la rivalsa dei cattivi superstiti, che lo raggiungono al suo capanno e fanno l’errore di sbattere a terra qualcosa come un centinaio di barattoli di miele. A quel punto Clay diventa una furia indomabile. Per prima cosa fa tutti secchi. Poi taglia due dita al cattivissimo che ha parlato al telefono con la donna-suicida, lo lega al furgoncino sgangherato che usa per lavoro e lo fa precipitare giù da un ponte. Già che si trova gli ruba pure la macchina (sicuramente più bella del suo furgoncino sgangherato) e parte alla distruzione di tutto: vuole fare fuori il capo dell’organizzazione, Derek Danforth, mega-cattivo ventottenne interpretato da Josh Hutcherson. Insomma, vuole fare fuori Peeta di Hunger Games.
Non è National Geographic
Adam Clay è inarrestabile, introvabile, incontenibile e tutte le altre parole dove è possibile aggiungere il prefisso in-. Per altro parla solo per metafore sugli alveari, da bravo apicoltore. Clay non fa che paragonarsi a un’ape che protegge il suo alveare, chiama i cattivi vespe e calabroni, parla di api che si ribellano e fanno fuori la regina. E chissà se non avesse avuto così tanto da fare con la distruzione di questa associazione di disgraziati, con quante metafore sul ronzare e l’impollinazione ci avrebbe deliziato. Superato lo smarrimento iniziale dato dalla sensazione di trovarsi dentro il National Geographic, è ormai chiaro che il film è una denuncia sulla vita segreta degli apicoltori che da qui in poi guarderemo tutti con sospetto.
Sorge spontaneo chiedersi, infatti, come faccia un apicoltore a fare quello che fa Clay. Oltre che mangiare tanto miele che contiene un sacco di proprietà nutritive, (della serie, un barattolo al giorno toglie il medico di torno) sicuramente sono un aiutino anche le armi di distruzione di massa di cui il protagonista entra continuamente in possesso. Pistole, bazooka, coltelli, mitra, dispositivi esplosivi e taniche di benzina appaiono nel corso del film come se nascessero spontaneamente un po’ ovunque, dentro case, macchine, strade. Miracoli dell’agricoltura biologica del nuovo millennio. In più c’è da dire che Clay mena come dieci Bruce Lee arrabbiati, cosa che, allo stesso modo delle armi, può contribuire al fatto che nessuno riesca a fermarlo.
Non fate incaz*are gli apicoltori.
Vabbè, volete sapere come va a finire? Tanto non c’è molto altro da dire: ci sono un sacco di botte, fracasso ed esplosioni tutto il tempo. E la storia, prevedibilmente, finisce come era chiaro dall’inizio: Clay fa fuori tutti e non lo ferma nessuno. Nel mezzo è tutto un gran menare, sparare, scoppiare e lanciare. Allora qual è la morale di questo film? Ma chiaramente una e una soltanto: non fate incazzare gli apicoltori! Davvero, se venite scambiati per calabroni o vespe sono affari vostri. Se siete spettatori rischiate di morire di noia. Diciamo che, al massimo, nella vita si può scegliere di essere bombi: di quelli Clay non ha fatto parola.