“Il Regno del Pianeta delle Scimmie” di Wes Ball

"Il Regno del Pianeta delle Scimmie" di Wes Ball.

Urla e botte alla ricerca dell’evoluzione (im)possibile.

Il regno del pianeta delle scimmie diretto da Wes Ball è il quarto capitolo della saga reboot. La storia, ispirata al romanzo di fantascienza del 1963 di Pierre Boulle, sembra non avere fine; che il romanzo fosse un testo di ventimila pagine? Ad ogni modo eccoci qui di nuovo ad osservare scimmie intelligenti che parlano e che hanno conquistato il mondo. Che fine ha fatto Cesare, protagonista del primissimo reboot? È morto con tanto di funerale. Ne Il Regno Del Pianeta Delle Scimmie siamo proiettati parecchie generazioni dopo e le cose non sembrano andare benissimo, né per le scimmie, né per gli uomini. A dirla tutta, nemmeno per noi. Cioè… avrà mai fine la storia delle scimmie parlanti e del mondo alla rovescia? Mah…

Scimmie, aquile, Eco

Come al solito, gli scimpanzé sono i buoni, i gorilla i cattivi. Del resto, anche King Kong ha sempre avuto un caratteraccio quindi ci sta – giusto per essere originali – utilizzarli anche qui come antagonisti. Stavolta Cesare non c’è ma a sostituirlo è Noa, personaggio che vive nel suo villaggio in armonia con la natura e dove, per qualche ragione, vengono allevate le aquile. Aquile allevate da scimmie… vabbè. È il giorno prima di un particolare rituale e i novizi, di cui Noa fa parte, devono procurarsi un uovo di rapace ciascuno, arrampicandosi sul nido più alto. Noa e i suoi due amici, Anaya e Soona, riescono nell’impresa, ma una presenza umana turba la loro quiete. Gli scimpanzé del loro clan non conoscono gli umani, tanto che li chiamano curiosamente Eco, riferendosi forse al fatto che queste creature, oltre che non parlare, sembrano avere un gran vuoto nel cervello, per cui ci deve essere una grande eco. Ebbene sì, ne Il Regno Del Pianeta Delle Scimmie vediamo uomini abbeverarsi dal fiume insieme a mandrie di zebre e comportarsi alla stregua di bestie un po’ tarde. Tutti tranne la ragazza-Eco che turba la quiete dei tre novizi e gli rompe letteralmente le uova nel paniere, anzi l’uovo. Sì, perché mentre Noa cerca di fermare l’umana, l’uovo che trasporta in una specie di tracolla di stracci si rompe (che sorpresa: sanno tutti che il modo più sicuro di conservare le uova è legarsele addosso ben strette in una qualche sciarpa, no?).

Non avendo più il suo uovo, lo scimpanzé è costretto a partire nel cuore della notte alla ricerca di un sostituto. Accade però che il gorilla Proximus, dittatore di tutte le scimmie, attacca il villaggio di Noa, uccide suo padre e rapisce la maggior parte dei presenti. Noa, dopo essere precipitato da un’altezza di qualche decina di metri ed essersi risvegliato il giorno dopo praticamente illeso (del resto perché avrebbe dovuto fratturarsi qualcosa?), decide di partire alla ricerca del suo popolo per riportarlo a casa.

Viaggio, guerra e confusione… tra scimmie

Durante il viaggio Noa incontra il vecchio orango Raka, l’ultima scimmia che faceva parte dell’ordine di Cesare, che gli racconta tutto quello che Cesare fece per il suo popolo. Parafrasando: scimmie insieme forti, uomini e scimmie d’accordo, scimmia non uccide scimmia. Nel frattempo l’umana-Eco si unisce a loro (anche perché continua a seguirli) che l’accolgono per aiutarla, visto che è affamata e infreddolita. Noa e Raka la adottano un po’ come si fa con un cane e le danno pure un nome: Nova. Solo che, strada facendo, si scopre che Nova, a differenza degli altri uomini che pascolano nei campi, parla e ha pure un nome di battesimo: Mae.

I tre si mettono in viaggio con le migliori intenzioni ma i gorilla-soldato di Proximus uccidono Raka e rapiscono sia lo scimpanzé che l’umana. Nel luogo dove si risvegliano, un accampamento fatto di resti di costruzioni umane protetto dalla corrente del mare da una grossa diga, è pieno di scimmie schiavizzate da Proximus che si presenta come il nuovo Cesare. Lo scopo del gorilla-dittatore è riuscire ad aprire un gigantesco portone fatto di ferro super-ultra-mega-spesso oltre il quale è certo che esista la tecnologia lasciata dagli uomini per poter far evolvere ulteriormente le scimmie. Colpo di scena: Proximus sa che Mae conosce il modo per accedere al deposito. Il problema è che non si capisce come lui possa saperlo né come Mae possa conoscere il modo per accedere al portone. Dettagli. Comunque, Noa e l’umana si uniscono per rovesciare il gorilla-dittatore e da questo punto in poi tutto diventa azione e contro-azione in una serie mirabolante di cose che non si capisce bene come possano accadere.

Non è dato sapere

Dopo essersi organizzati per fare irruzione nel deposito nel cuore della notte, Noa, Mae e le due scimmie amiche, Anaya e Soona (che si uniscono alla missione) preparano dei candelotti di polvere da sparo. Vi starete chiedendo: dove hanno preso la polvere da sparo? Da qualche parte lì, forse. Non si sa, ma che importa? Poi a seguire:Mae che conosce perfettamente l’accesso, che si trova in cima alla ripida montagna che dà sulla costa, sa come riattivare la luce di questa specie di base militare scavata nella pietra, sa dove sono le armi e pure precisamente dove si trova la stanza dove c’è un armadietto al cui interno c’è una specie di hard disk, inserito in un preciso pannello, che precisamente si estrae con un click.

Sempre al limite del paradosso Mae attiva il sistema per aprire il portellone e poi sistema la dinamite artigianale per far saltare la diga. Così tutte le scimmie scappano (gran casino di urla scimmiesche intorno) e Proximus, un po’ alterato, vuole solo uccidere Noa. Mae, che insomma pare nata lì, si salva salendo su un promontorio. Come lo raggiunge? Mentre l’acqua scorre velocissima, trascina gorilla e scimpanzé (che hanno ben quattro zampe per correre). Coma fa? Evidentemente c’è un Uber da qualche parte che la stava aspettando per portarla lì.

In ogni caso, tutti i gorilla annegano tranne Proximus e gli scimpanzé si salvano salendo sul promontorio. Lassù si consuma la lotta tra Noa e il dittatore-gorilla, che viene sconfitto grazie all’intervento di uno stormo di aquile, chiamate dagli scimpanzé e da Noa, che lo fanno precipitare giù dalla scogliera. Fine? Macché. Noa e il suo gruppo tornano al loro villaggio per ricostruirlo, Mae torna… dove? Boh, in una specie di base dove ci sono altri uomini e tecnologia, per portare quella specie di hard disk che in realtà è uno strumento per riattivare la radio. Da contatto radio, inspiegabilmente, cominciano a rispondere altri uomini sparsi per il mondo. Poi Mae torna a trovare Noa con una pistola nascosta dietro la schiena (che brava ragazza). Gli sparerà? Giammai o non ci sarebbe un quinto reboot. Anzi, lo ascolta con attenzione. Lui le chiede: uomini e scimmie potranno mai vivere insieme? E così finisce, trallallero trallallà, mentre Mae se ne va e Noa pure.

Cosa ci rimane, quindi, de Il Regno Del Pianeta Delle Scimmie? Due ore e più di assurde coincidenze, di aquile ammaestrate e Uber super efficienti che appaiono all’occorrenza, oltre a urla scimmiesche assordanti e botte da orbi in agguato ad ogni scena. Ci rimane anche un po’ di amaro in bocca perché, alla fine di tutto sappiamo benissimo che ci sarà anche un quinto film della serie reboot e poi magari un sesto, un settimo, un ottavo e così via. Sempre nella speranza di un’evoluzione che probabilmente non si vedrà mai.