Pino D’Angiò: “Mia madre diceva che ero un lanciatore di coriandoli”

Pino D'Angiò: “Mia madre diceva che ero un lanciatore di coriandoli”

“Oggi i ragazzi non vanno allo stadio per i cantanti, ma per socializzare”.

Pino D’Angiò, considerato da molti il padre del rap italiano, è morto ieri all’età di 71 anni. Il cantautore nato a Pompei è diventato popolarissimo negli anni Ottanta in Italie e in Spagna con la il brano Ma quale idea, rimasto in classifica quattordici tra 1980 e 1981.  

Le giocate a poker con i grandi

Pino D’Angiò (pseudonimo di Giuseppe Chierchia) è stato uno dei personaggi più incisivi e coraggiosi per panorama musicale italiano, che ha iniziato questo mestiere per caso come lui stesso sottolinea nell’ultima intervista rilasciata a FQ Magazine il 7 aprile. “In questo mestiere mi ci sono trovato per caso, non l’ho scelto. Però mi ha fatto fare cose che neppure in dieci vite. Avrei potuto diventare ciabattino. Forse non il medico, non ce l’avrei fatta a dire a un malato che la situazione è grave. Come è successo a me da paziente: cinque tumori, di cui uno alla gola, e un polmone asportato”. Nella Nazionale Cantanti giocava a poker con Morandi, Mogol, Ramazzotti e Mengoli. “Rilanci da quattro o cinquemila lire. Finché entrava in gioco Pupo: ‘Se vuoi vedere sono 500 mila lire’”, ricorda. “Pupo ogni sera perdeva milioni. Alle tre di notte, quando tutti erano andati a dormire, sentivi bussare alla porta. Toc toc. Era lui con un mazzo di carte”.

Pino D’Angio era un grande amico di Gianni Morandi, che lo aiuto. “C’è stato un periodo in cui ero in difficoltà. Gianni disse: vieni a prenderti i soldi che ti servono. E non ne ha parlato più. Ci misi tre anni ma glieli restituii. Gli voglio bene. Con tutti quei presuntuosi che aveva attorno…” Il cantante si riferisce a Tony Renis, che un giorno si presentò alla partita senza preavviso. “Non era contemplato nella formazione iniziale. Negli spogliatoi fa un discorso da Garibaldi: ‘Ehi, sono quello di Quando Quando Quando. Avete l’occasione di farmi giocare e non mi mandate in campo? Chi credete voglia vedere la gente?’. A me l’arroganza procura un dolore fisico. Mi giro e gli dico: ‘Renis, lo sai che hai rotto il cazzo? La gente non si ricorda neanche chi sei!’. Se n’è andato, per la gioia di tutti. Mio padre, uomo gentile, mi ripeteva: sii sempre educato, ma se devi far male, fallo sul serio”.

La musica e i giovani d’oggi

L’intervistatore sottolinea che “oggi i giovani idoli pop si arrendono subito, denunciando disagio interiore e troppa pressione discografica”. E l’artista precisa:Per fare due canzoni all’anno ci metti un’ora. Questi vogliono farci credere che l’artista sia uno sofferente che se ne sta nel suo antro finché non viene benedetto dall’ispirazione della Musa. Certi riempiono gli stadi dopo un pezzo in classifica, senza rendersi conto che i ragazzi ci vanno perché lo stadio è uno dei pochi luoghi dove puoi ancora socializzare”. E infine, quando gli viene chiesto chi è lui veramente, Pino D’Angiò risponde: “Mia madre diceva che ero un lanciatore di coriandoli. Se non mi fosse capitato questo mestiere sarei un grande fallito. O un idraulico”.