“Penso alle mie canzoni come fossero film. Flashback, taglio, ricordo”.
Lana Del Rey, nome d’arte di Elizabeth Grant, si è recentemente raccontata nell’intervista rilasciata a Vogue Italia. La cantante ha parlato di una nuova era nella quale si sente trascinata, rispetto la musica e la sua crescita personale. Poi ricorda i momenti, la prima volta che le venne chiesto cosa avrebbe fatto se non fosse stata una cantante, un buon inizio per un film sulla sua vita. E ancora ha rivelato di pensare alle sue canzoni come a un film in cui ci sono flashback e ricordi, cuciti insieme.
Canzoni come film
“Penso alle mie canzoni come fossero film. Flashback, taglio, ricordo. Il cinema era un’abitudine di famiglia. Ripenso a certi Natali, a tutte queste persone con le videocamere giganti che ci riprendevano… la mia vita è su videocassetta. E mia sorella è diventata una fotografa, è la persona che sta dietro alle immagini che mi riguardano”. Lana Del Rey si è lasciata andare ai ricordi, scavando nel profondo fino a quella volta in cui in auto, con il ragazzo dell’epoca, le venne chiesto cosa avrebbe fatto se non fosse diventata cantante. “Ho un video rubato, girato da un ragazzo con cui uscivo. È sera e parliamo in auto, fingendo di rispondere a un’intervista dopo essere diventata famosa”, spiega la cantante. “Mi chiedeva che cosa avrei fatto se non fossi stata una cantante. Questo sarebbe l’unico modo con cui inizierei un film sulla mia vita”. La risposta, ad ogni modo, è che non avrebbe fatto nient’altro che cantare.
Le ombre nella musica
“Una volta le persone pensavano che i miei testi fossero un problema, invece ora tutti i cantanti ‘sbucciano’ il loro cuore come fosse una mela. Penso sia positivo. Forse se avessi iniziato adesso con la musica e non dodici anni fa sarei una vera poetessa del dolore e non avrei sofferto così tanto”. Lana Del Rey parla anche di come le persone indagassero su di lei, sul suo dolore, il suo modo di percepire la musica. “È terribile quando le persone scavano nelle tue ombre per trovare qualcosa, è come un’ossessione. E ci sono finita dentro. Un po’ come Ofelia o come Giulietta. Mi sono sentita come un incidente d’auto, con la gente che non riusciva a fare a meno di fermarsi per spiare cosa fosse successo. Forse lo ha detto Freud, il trenta per cento di quello che pensi di te stesso è in realtà ciò che hai sentito dire su di te dagli altri”, spiega. “Per questo soprattutto negli ultimi anni mi sono riconnessa con le mie ombre, sono stata molto attenta. Non volevo finire come quella macchina, non volevo diventare Ofelia. Di lei volevo soltanto i fiori”.