“Tante volte nella mia vita attenzioni indesiderate e tentativi di manipolazione”.
La nostra terra, il nuovo film di Dk Walchman e Hugh Welchman, arriverà al cinema dal 21 novembre dopo l’anteprima al 24 Frame Future Film Festival distribuita da Wanted Cinema in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Un lungo processo tecnico durato anni
La nostra terra è l’adattamento cinematografico di Chłopi, il romanzo capolavoro dello scrittore polacco premio Nobel per la Letteratura nel 1924 Władysław Reymont. Presentato in selezione ufficiale al Toronto Film Festival, il film è creato con la stessa tecnica di Loving Vincent, combinando le opere a olio dei pittori polacchi di fine XIX – inizio XX secolo con le attuali tecniche cinematografiche e di animazione. Il film è stato realizzato con un lungo processo tecnico durato anni (e rallentato dal Covid) attraverso riprese di riferimento effettuate con noti attori polacchi in luoghi reali e una successiva, sofisticata tecnica di animazione basata sull’opera a mano di esperti artisti internazionali. La nostra terra è una storia di coraggio ed emancipazione femminile ambientata in un villaggio polacco di fine Ottocento. La protagonista è Jagna, una bellissima ragazza che è costretta a sposare un uomo molto più anziano di lei – il ricco feudatario della zona – pur essendo innamorata del figlio. La società profondamente tradizionale, attaccata agli usi locali e alle pittoresche celebrazioni ma anche al patriarcato, non le rende la vita semplice: la violenza domestica e le faide familiari sono all’ordine del giorno e Jagna dovrà difendersi da invidie e insidie di cui è oggetto, destreggiandosi abilmente in un mondo maschilista sfruttando le proprie qualità.
Le parole della regista
Come ha affermato la regista DK Welchman, La nostra terra parte da “un grande romanzo con descrizioni mozzafiato, ma ciò che veramente mi ha attratto nell’idea di adattarlo è stata Jagna. Come donna, anch’io ho provato tante volte nella mia vita attenzioni indesiderate e tentativi di manipolazione. Mi sono davvero identificata con Jagna, ho provato empatia per lei. All’inizio è invidiata e fraintesa, poi maltrattata e insultata, infine emarginata: per essere bella, per essere sognatrice e artistica, per essere appassionata e, soprattutto, per mettere in discussione il patriarcato sostenuto anche dalla chiesa. Era come se mi chiamasse. Questo film è la mia risposta”.