L’attore: “Questo sistema mi costringe a scegliere progetti ‘fatti a mano’”.
Ryan Gosling, Brian Helgeland ed Emily Blunt contro l’algoritmo di Netfllix, utilizzato per testare il possibile successo o fallimento di un progetto cinematografico. In un’intervista con Inverse, il regista de Il destino di un cavaliere ha rivelato dell’esistenza di un sequel mai realizzato della pellicola con Heath Ledger.
Il destino di un film di successo
Dopo la morte premature scomparsa dell’attore nel 2008, il progetto è andato avanti fino ad approdare sulla scrivania di Netflix… Dove però è stato bocciato dal ‘famigerato’ algoritmo. “L’ho proposto alla Sony perché ne detiene i diritti, e sembrava che fossero interessati a realizzarlo con Netflix, distribuendolo come film di Netflix”, ha spiegato Brian Helgeland. “Mi risulta che Netflix abbia testato l’idea del sequel attraverso i suoi algoritmi, che hanno indicato che non avrebbe avuto successo. ‘Il destino di un cavaliere’ sembra diventare sempre più popolare ogni anno che passa; è una cosa stranissima”. Sulla questione e in altri contesti sono intervenuti anche Ryan Gosling ed Emily Blunt. I due attori sono stati intervistati da Vanity Fair in occasione dell’uscita di Fall Guy, il nuovo film di David Leitch che arriverà nelle sale il primo maggio. Alla domanda su come sia cambiata l’industria cinematografica in questi ultimi venti anni, l’attrice ha commentato: “Molte cose si sono evolute in modo importante e utile. Penso che per tanto tempo certi comportamenti siano stati normalizzati e considerati accettabili, e come donne siamo state tutte vittime: ecco perché il Me Too è un movimento dal valore incommensurabile. Penso che ci sia ancora del lavoro da fare”.
i grandi film diventeranno ‘anomalie’
Subito dopo Emily Blunt ha sottolineato: “Alcune novità mi frustrano: gli algoritmi, per esempio. Odio quella caz** di parola! Come si può associarla all’arte e ai contenuti? Come possiamo lasciare che determini che cosa avrà successo e che cosa no? Mi spiego con un esempio. Ho partecipato a un film di tre ore su un fisico, che ha avuto l’impatto che ha avuto: probabilmente gli algoritmi non l’avrebbero colto. La mia speranza è che non si considerino ‘Oppenheimer’ e progetti simili delle ‘anomalie’… che si smetta di tradurre l’esperienza creativa in diagrammi”. Anche Ryan Gosling è intervenuto sull’argomento, appoggiando la collega. “Non si può battere un algoritmo nel suo lavoro”, ha precisato l’attore. “E questo, paradossalmente, mi costringe a essere più umano, a scegliere progetti ‘fatti a mano’. Come ‘The Fall Guy’, che si basa su esperienze personali, sulle nostre impronte e sulle nostre storie, che abbiamo riversato nei personaggi”.