L’attore: “Volevamo che sembrasse reale, toccante, naturale”.
Daniel Craig, che ha interpretato per cinque volte James Bond, è arrivato a Venezia per mostrarsi al pubblico in una nuova veste, quella del protagonista di Queer, l’ultimo film di Luca Guadagnino e il terzo dei film italiani presentati in Concorso all’81esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. L’attore nel film è uno scrittore americano nella Città del Messico negli anni ’50, dipendente da sesso e oppiacei, che perde la testa per il giovane Eugene Allerton (Drew Starkey), un incontro che diventa attrazione fatale.
Le parole dell’attore hollywoodiano
“Volevamo che sembrasse reale, toccante, naturale anche se sappiamo che niente di ciò che accade sul set è intimo, decine di persone ti guardano”, ha dichiarato Daniel Craig. “E così per rompere la tensione abbiamo ballato, poi il resto è arrivato. Drew è un attore meraviglioso, fantastico, e noi ci siamo fatti una risata. Abbiamo cercato di renderle divertenti“. Luca Guadagnino all’Ansa ha raccontato che quando lesse il libro di William Burroughs aveva diciassette anni. “Abitavo a Palermo e volevo cambiare il mondo con il cinema. Quel romanzo ha segnato la mia adolescenza, ne ho cercato i diritti per anni, poi ho avuto la fortuna di lavorare con Justin Kuritzkes in Challengers e parlare di nuovo del romanzo con lui”. Poi spiega: “Abbiamo deciso di tentare: i diritti di trasposizione erano disponibili ed è stata una gioia, il sogno di una vita si avverava. Questo ha una morale che vale per tutti: non bisogna mai smettere di insistere su ciò che si vuole”. Il regista è un conoscitore di Burroughs, con Kerouac tra i padri letterari della Beat Generation. “‘Queer’, più di il ‘Pasto nudo’ ad esempio, è il mio preferito, ha questa forma stupenda, picaresca, con un protagonista che gira la notte, va nei bar, parla di continuo, intrattiene, è comico, buffo, tragico fragile, nudo e poi bam! incontra qualcuno che lo incontra a sua volta, ed è come se questo incontro fosse inevitabile, inesorabile“.
Uomini e filosofi
Al centro di questa avventura, che da Città del Messico, dalla suburra della comunità degli americani espatriati, omosessuali, bevitori, gaudenti si sposta in Sud America alla ricerca della yage (la radice che dà la telepatia), c’è però la grande solitudine allucinata e tossica del protagonista Daniel Craig. “Il filosofo György Lukács diceva ‘essere uomini, essere umani significa essere soli’, e la mia amica Tilda Swinton mi ha sempre detto ‘we love and die alone’, amiamo e moriamo in solitudine“, ha sottolineato Luca Guadagnino. E alla domanda se teme un’etichetta di scandalo per Queers, ha risposto: “Ha una complessità di significati diversi rispetto ad oggi. All’epoca di Burroughs, Queer voleva dire checca, frocio un termine denigratorio oppure persona strana, diversa. Moralmente? Non lo so, non mi sono mai posto i problemi della morale e non mi interessa. Queer per me è una profonda radicale storia d’amore che ci riporta alla condizione terminale di essere umani, cioè che siamo soli“.