Sale piene per il film sull’America spaccata nell’anno delle presidenziali.
Il film d’azione distopico Civil War di Alex Garland ha conquistato il botteghino degli Stati Uniti questo fine settimana facendo registrare l’incasso di 25,7 milioni di dollari, record per la casa produttrice della pellicola, la A24.
Con un costo di produzione di soli 50 milioni di dollari, il film rappresenta il caso cinematografico dell’anno e alimento negli USA polemiche feroci, profetizzando una nazione divisa a tal punto da entrare in conflitto con se stessa in una nuova, devastante guerra civile. La trame segue una fotoreporter in tempo di guerra (l’attrice Kirsten Dunst) e i suoi colleghi mentre attraversano gli Stati Uniti d’America dilaniati dalla lotta politica sotto il governo autoritario di un presidente eletto per tre mandati consecutivi (interpretato da Nick Offerman).
Un paese spaccato
Sebbene il film eviti divisioni manichee tra “rosso” (repubblicani) e “blu” (democratici) e le motivazioni politiche dietro il conflitto vengano generalmente lasciate inspiegate, nella storia si vede che una delle prime azioni del presidente è stata quella di sciogliere l’FBI, in un apparente cenno all’ex presidente Donald Trump, che ha chiesto di “tagliare i fondi” al Bureau.
Il tempismo di Civil War non è sicuramente una coincidenza, poiché arriva nel mezzo di un anno elettorale controverso, in cui il presidente Joe Biden e l’ex presidente Donald Trump sono ancora una volta i principali candidati per i rispettivi partiti e Trump cerca di tornare alla Casa Bianca, un un’atmosfera di tensione e divisione come mai si è registrata prima negli Stati Uniti. Solo il tempo ci dirà se Civil War è solo un prodotto di entertainment o una vera e propria profezia cinematografica.