Barbara Ronchi: “Fanno lavorare sempre gli stessi attori”

Barbara Ronchi: “Fanno lavorare sempre gli stessi attori”

“Tutto mi sembrava irraggiungibile. Ai provini arrivavo sempre seconda”.

Barbara Ronchi parla di come “stava per mollare”. Racconta che c’è “un circolino magico degli attori”, e di come sia difficile emergere e riuscire a imporsi all’attenzione non tanto degli addetti ai lavori quanto del pubblico.

L’invidia e la forza di andare avanti

Barbara Ronchi l’anno scorso si è imposta all’attenzione del cinema italiano con il David di Donatello vinto come miglior interprete di Settembre (film di Giulia Ateigerwalt) in un’intervista per Il Messaggero ammette di aver provato Invidia. “Io penso che un po’ di sana invidia, e di rabbia, possano servire a trovare la forza per farcela. Per anni tutto mi sembrava irraggiungibile. Ai provini arrivavo sempre seconda. Quelli che decidevano, poco coraggiosi e indecisi a tutto, prendevano sempre qualcun altro. Mi dicevano anche che non ero abbastanza bella per fare la protagonista”. E ammette a malincuore ciò che sostiene Alessandro Borghi, ovvero che nel mondo del cinema italiano c’è un “circolino magico” che fa lavorare solo quei pochi che ne fanno parte.

E il mondo del cinema può anche essere crudele. L’intervistatrice ricorda all’attrice che Giovanna Mezzogiorno (con la quale ha lavorato in Tornare) dice che il mondo del cinema è un ambiente che può essere anche crudele. Ma lei è d’accordo?  “Io ho diversi amici in questo mondo. Vanessa Scalera, per esempio, la sento come una di famiglia”, racconta Barbara Ronchi. “Gli attori egoriferiti, noiosissimi, non mi interessano. Probabilmente Giovanna, che in questo mondo è nata, dopo la gravidanza e i chili in più parla di qualcosa che io non conosco”. L’attrice infine non si considera bellissima, e di se stessa dice “non sono una che blocca il traffico, ma da sempre sto bene con me stessa. Diciamo che sono come Gary Cooper”. E poi specifica: “Il direttore della fotografia Daniele Ciprì ha detto che non mi si nota subito, ma dopo – come Gary Cooper – è impossibile dimenticarmi. Tornando alla gavetta, se un talento non trova un varco, implode e si appassisce. Ne ho visti tanti finire così”. E poi conclude: “Sono arrivata a un passo dal dire ‘ma sì, forse tutto questo non fa per me'”.

Colpa del sistema

Infine, l’attrice sottolinea: “Comunque il problema non sono gli attori ma chi governa il sistema. Chi non rischia e investe nuovi talenti. Se mi chiamassero per tanti progetti bellissimi è chiaro che anche io li girerei tutti. Registi, produttori e distributori dovrebbero essere più generosi e accettare più scommesse. Ci vorrebbero più Bellocchio, Sorrentino e Garrone. Io devo tutto proprio a Bellocchio, che nel 2016 mi scritturò per ‘Fai bei sogni’. Mi ha dato una possibilità. Ha acceso un faro su dime. Io ero sempre la stessa. Non è che per quello sono diventata più brava o più bella. Anzi, se penso ai miei inizi, in teatro ero molto più spregiudicata“.