La cantante: “Io in questa trappola non ci cado e voglio ripartire da me”.
Baby K torna a calcare le scene con Fino al blackout, il suo nuovo singolo (accompagnato dal videoclip), di cui ha firmato testo e musica. L’artista in un intervista esclusiva a Tgcom24 ha raccontato come la musica e i social insieme siano diventati una macchina capace di stritolare gli artisti stessi, che si trasformano in un prodotto usa e getta.
Una giostra veloce
Baby K spiega di essere tornata sulle scene dopo una pausa riflessiva. “La musica va velocissima e sembra quasi che sia diventata un contenuto e non il punto d’arrivo. Un contenuto per i social per poi essere consumato e buttato via molto velocemente. E questo porta sempre più responsabilità anche sugli artisti. Nel mio caso devo costantemente mantenere questi numeri enormi e non è concesso nemmeno una naturale parabola e onda che si calma. Se tu non sforni costantemente dei pezzi che vanno in cima alla classifica in qualche maniera la tua carriera vale meno”.
Ma la cantante ha deciso di dire ‘no’ a questo ‘gioco al massacro’ e di ricominciare daccapo, sottolineando di non voler cadere “nella trappola delle pressioni per poi fare qualcosa che o non sia autentico o che mi renda schiava di questo gioco malato. E infatti tanti artisti oggigiorno stanno soffrendo e la loro salute mentale sta andando a picco. Sta diventando insostenibile questo modo di fare musica. Io in questa trappola non ci cado e voglio ripartire da me”.
Diversità culturale
Baby K parla anche di come lei si sia sentita “sempre un pesce fuor d’acqua” per una mancanza di identità culturale in cui riconoscersi, di essere diversa, e di come la diversità sia un’arma. “Quando ero più piccola ci soffrivo un po’, essendo cresciuta a Londra, anche se sono italiana e parlando solo indonesiano fino ai tre anni. Non mi sentivo né inglese né italiana e mi manca quindi un po’ una consapevolezza di identità di base. Noi abbiamo sempre bisogno di radici. Intanto però mi sento appartenente a questo movimento culturale”. E poi aggiunge: “Ma mi sono sentita sempre un pesce fuor d’acqua. Come all’inizio della mia carriera quando facendo musica da indipendente ed ero proprio una rapper mentre questo genere non era ben visto. Quando mi sono affacciata al mainstream mi sentivo ancora diversa ma ho capito che un’artista ha modo di esistere quando ha una sua identità ed è diversa dal resto. Perché altrimenti non sei un’artista, sei una fra tanti”. E conclude: “Mi son detta che questa sarebbe stata la mia forza. Quando sei unica, hai motivo di esistere e quindi fai un percorso tutto tuo”.