La regista presenta il suo nuovo film “La Chimera” e parla delle differenze di genere.
Alice Rohrwacher è senza dubbio una delle registe del momento. Film come Le meraviglie e Lazzaro Felice hanno ottenuto grandi consensi e il suo lavoro d’esordio, Corpo Celeste, ha vinto il Nastro d’argento e il premio intitolato a Ingmar Bergman. Un suo cortometraggio, Le Pupille, ha ricevuto una candidatura all’Oscar. In questi giorni è sotto i riflettori per una retrospettiva al Center Pompidou di Parigi, presentando il suo nuovo film La Chimera, ambientato nel mondo dei tombaroli nella campagna di Orvieto degli anni ’80. Una storia allo stesso tempo farsesca e drammatica, che approfondisce l’avidità e l’ingenuità quasi infantile di giovani sognatori che aspirano una ricchezza materiale (e dai tratti volgari) violando le tombe etrusche.
Nei suoi film, la Rohrwacher impiega un approccio poetico e politico, raffigurando indoividui intrappolati nella rete dei conformismi e degli stereotipi. La regista sottolinea il ruolo delle donne nella società, affrontando questioni di violenza di genere e sfidando lo status quo. Esplora i limiti del machismo e dei suoi effetti dannosi su uomini e donne. I personaggi di Alice Rohrwacher navigano in un delicato equilibrio tra ammirazione e possesso, offrendo uno sguardo alla complessità delle relazioni umane.
Come ha dichiarato la regista a Quotidiano.net: “I protagonisti del film sono uomini imprigionati nel maschilismo. Pensando a loro mi viene l’aggettivo ‘poveri’. Poveri tombaroli. Imprigionati nel loro ruolo sociale: anche per loro il machismo è una gabbia, è una parte della loro miseria. Anche il mondo maschile è prigioniero del machismo. La ragazza balla, in modo per loro misterioso. Di fronte a ciò che non capiscono, il loro atteggiamento passa dalla ammirazione alla possessione”.
Riguardo alla differenza tra l’epoca rappresentata nel film e quella attuale, la Rohrwacher sembra avere le idee chiare: “Quell’epoca spero sia superata. Negli anni ’80 maschi e femmine erano davvero due universi separati. Più in generale, volevo far capire che il patriarcato non è una condizione naturale dell’essere umano: è il frutto di una decisione, che si è imposta a un certo momento della Storia. Ma si può anche prendere un’altra strada […] Credo che ci troviamo al limitare di una nuova epoca: e quando ci si avvicina al bordo delle cose, ci sono ancora dei mostri che appaiono. Siamo alla fine di un’epoca e certi episodi tragici sono, credo, i sussulti, i colpi di coda di un mondo che stiamo superando”.