Squali mako giganti che vanno a peto-propulsione.
Ne parlano tutti, ma proprio tutti… persino Stephen King che l’ha definito “davvero molto bello!” Per non parlare degli ultimi 25 minuti che sono “proprio fantastici!” Il vecchio briccone del Re dell’orrore stavolta l’ha fatta più grossa di quando ha deciso che i clown sono indiscutibilmente brutti e cattivi e vivono tutti nei tombini con i loro palloncini rossi. Di cosa stiamo parlando? Ma dell’ultimo filmissimo di Xavier Gens, Under Paris, uscito su Netflix dove ha già raggiunto le vette della classifica con milioni di “visioni”.
Sì, non le tipiche visualizzazioni, che sono per i comuni mortali… le visioni proprio! Con tanto di frotte di squali che si riproducono per partenogenesi e grazie alla plastica respirano un po’ dappertutto, tra oceani, fiumi e, perché no, dentro tsunami generati da esplosioni di granate (classico habitat degli squali mako geneticamente modificati). Siete pronti a scoprire quanto bellissimo sia Under Paris e quanto, soprattutto, gli ultimi 25 minuti siano una vera poesia per gli occhi, le orecchie e il colon? Bene, addentriamoci, senza esagerare, tanto questi squali non hanno nemmeno bisogno di grandi profondità: vivono sereni anche in mezzo metro d’acqua pure se sono enormi e arrivano a 9 metri e più.
Il sangue allontana gli squali (sì, dicono anche questo)…
Facciamo il punto. Dopo Lo Squalo i più hanno smesso da un pezzo di bazzicare per le spiagge. Dopo Sharknado i luoghi ventosi sono sconsigliati anche ad elevate altitudini… non sia mai che qualche bestia pinna-munita ci cada dal cielo. Con Under Paris praticamente ci siamo giocati anche i fiumi, i laghi, le grandi città europee e, in generale, pensando alle implicazioni che vedremo, si fa prima a restarsene a casa per questa estate. Il film di Xavier Gens, infatti, arriva puntuale mentre il sole diventa cocente, per farci passare la voglia di spostarci per le vacanze. Ma anche di fare sport a dirla tutta, soprattutto triathlon.
Under Paris parla infatti di uno squalo mako (Isurus oxyrinchus) unico nella sua specie, ribattezzato Lilith, dal nome dell’allegro demone portatore di morte e disgrazia. Con questo bel nome rassicurante, la cara Lilith cresce come se non ci fosse un domani, arrivando a superare i nove metri nel giro di un batter d’occhio. A scoprirla è la biologa marina Sophia che, durante una spedizione con il suo team di ricerca composto da cari amici e da suo marito, non ci pensa due volte a sacrificare tutti solo per avere una visione più chiara della squaletta alla telecamera. È proprio Sophia, infatti, a spingere suo marito ad avvicinarsi per prelevare un campione del tessuto di Lilith che, insomma, non la prende benissimo e fa una strage.
La biologa a questo punto è disperata e la vediamo gettarsi nelle acque dell’Oceano Pacifico, senza maschera, senza pinne, senza ossigeno, senza niente, per raggiungere la squadra sbranata viva con cui ha perso contatto radio e video. E che succede quando raggiunge il punto del massacro? Arriva Lilith e la trascina nelle profondità degli abissi. Mentre le scoppiano i timpani, urla consumando tutto l’ossigeno che ha in corpo e supera di gran lunga i venti metri di profondità, Sophia riesce a liberarsi. Ma come? Niente, era impigliata ad una rete e con timpani rotti, niente ossigeno e la pressione dell’acqua triplicata dalla velocità con cui viene trascinata a fondo, riesce serenamente a sfoderare un coltello (dove ce l’aveva?) e a tagliare la rete. Di nylon, eh… una cosetta da nulla. Poi se ne torna su, riemerge dalle acque in un bagno di sangue e riesce a raggiungere l’imbarcazione su cui si trovava. Si sa, infatti, che l’odore del sangue disgusta gli squali che mica tornano ad attaccare la loro preda… macché! Si danno alla fuga alla ricerca di acque più pulite. Forse per questa ragione, qualche indecifrato tempo dopo, Lilith se ne va nelle acque del fiume Senna, a Parigi.
Uno squalo per turista
A spasso per il fiume Senna, Lilith è proprio contenta: sbrana senzatetto che vivono sulle sponde, mastica imbarcazioni e macchine che escono fuori strada e finiscono in acqua e ha anche un fan club tutto suo, composto da attivisti che vogliono difenderla perché, lo dicono a gran voce, “gli squali sono animali assolutamente innocui”. Lasciarla bazzicare indisturbata per il fiume sembra la cosa migliore, non fosse che sarà proprio nelle acque della Senna che a giorni si svolgerà il campionato mondiale di triathlon che vedrà una quantità di nuotatori che, al confronto, un banco di pesci è solo un piccolo antipasto per uno squalo mako gigante.
Guarda caso pure Sophia si trova lì e viene messa al corrente della presenza di Lilith dagli attivisti. Poi cominciano le morti sospette. La polizia del fiume si porta dietro la biologa marina per cercare di contenere la minaccia di un’imminente strage. Ma, tanto per cambiare, il sindaco della città non vuole saperne: ha investito una palata di soldi dei contribuenti e fatto promesse che deve mantenere… sennò chi la elegge più? E quindi decide di fare finta di nulla e appalta il lavoro ai militari, così tanto per stare tranquilli. Solo che succede un piccolo inconveniente: tramite social, la ragazza a capo degli attivisti, Mika, raduna un gruppo di decine e decine di persone, per salvare Lilith. Ebbene sì, la vogliono riportare nell’oceano perché sono preoccupati per il povero squalo gigante. Mika porta il gruppo in qualche passaggio assurdo sotto il fiume dove l’acqua arriva tipo alle ginocchia, al massimo al collo. Lì vengono piazzati dei sonar per attirare Lilith che si presenta puntuale e pure in compagnia di un altro squalo.
Ricordiamoci che Lilith ha superato i nove metri e che sta tipo in un metro e mezzo d’acqua. Anzi, dello squalo mako gigante si vede solo la pinna. Un po’ come se Godzilla potesse allegramente andarsene in giro per i condotti delle tubature. Verosimilmente Lilith non solo respira un po’ dappertutto ma nuota grazie alla propulsione dei gas intestinali, quindi non muove le pinne: è come un siluro (perché va velocissima) con il motore a peti. Comunque, a niente serve l’intervento della polizia del fiume e di Sophia (che sì, sono stati messi al corrente del piano di Mika): Lilith e l’altro squalo fanno un macello, anche se quest’ultimo viene colpito da un agente e muore (mannaggia). E Sophia? Sempre tutto apposto. Anzi, la biologa riesce pure ad analizzare lo squalo che è stato colpito. E che scopre? Beh, che è figlio di Lilith e che Lilith si riproduce per partenogenesi. Wow.
Colpi di scena per venticinque minuti
Tagliamo corto per fare il punto sul finale definito “proprio fantastico” da Stephen King. Allora, il mare è inquinato e pieno di plastica, Lilith mangiando la plastica non solo può sopravvivere in ogni tipo di acqua, ma è cresciuta a dismisura e si riproduce per partenogenesi. Praticamente non le servono partner: le basta nuotare e riprodursi nelle acque di tutto il mondo. Vista la situazione, Sophia e la polizia del fiume vogliono far saltare Lilith in aria, però non ci riescono. La maratona di triathlon comincia e centinaia di persone in acqua vengono sbranate vive. Adesso non c’è più solo Lilith ma nel giro praticamente di qualche ora, il fiume Senna è pieno di squali molto grandi che nuotano e mangiano i nuotatori.
E sì, perché i figli di Lilith sono come quei pupazzetti che li metti nell’acqua e nel giro di poco crescono. Bellissimo. Comunque mentre tutti muoiono male, i militari (ve li ricordate?) cominciano a sparare all’impazzata in acqua. E qui sono botte da orbi; o meglio, è una sparatoria da orbi. Infatti tra pistole, fucili, mitra e bazooka, ci fosse un colpo che fa fuori parte della marea esagerata di squali che infestano le acque della Senna. Vabbè, gli squali non vengono colpiti, però il fiume è pieno di granate inattive che, guarda il caso, grazie alla sparatoria si attivano. Ed è subito tsunami: scoppia tutto, pure i ponti e la gente che si trovava sulle sponde del fiume e in strada viene trascinata via.
Sophia che insieme all’agente più fico della polizia del fiume stava proprio in acqua, si salva chiaramente. E Lilith e l’orda di squali mutanti? Ma tutti vivi! Che bellezza! Ma soprattutto possiamo finalmente dare ragione a Stephen King: il finale è fantastico! Così tanto che al confronto il Signore degli Anelli è un libro di storia che si studia al liceo. Insomma, in mezzo a morte e fracasso, Sophia e l’agente fico rimangono in mezzo al fiume, su una zattera improvvisata, in mezzo a un’orda di squali mako mutanti. Ma non disperate: sappiamo benissimo come andrà a finire. Sophia si salverà… il tizio fico, boh. Del resto la protagonista di questo film ci ricorda un po’ la Signora in giallo… ovunque va qualcuno muore. Tranne gli squali, vabbè.
L’unico sincero augurio che possiamo farci è che Under Paris non faccia come Lilith e che quindi non si riproduca per partenogenesi. MAI.