Una mini-serie svedese tutta all’insegna del “quasi”.
Nel mezzo del cammin di nostra serie, mi ritrovai per uno streaming oscuro, che il retto titolo era smarrito. Nel labirinto del giga-catalogo di Netflix, quando ormai tutto sembrava perduto, l’unica cosa che cercavo era una serie normale e, toh guarda, eccola lì: Una Famiglia Quasi Normale. Quel “quasi” mi ha resa diffidente un po’ da subito ma santo cielo dovevo pur vedere qualcosa.
Una Famiglia Quasi Normale è la storia di una quasi famiglia come ce ne sono quasi tante. Insomma, classiche quasi dinamiche: il padre Adam Sandell è un prete (da quelle parti i pastori protestanti si ammogliano e figliano); la figlia Stella è un’omicida; la madre Ulrika è un avvocato e i panni sporchi si lavano in cas… no, pardon: si bruciano in boschi desolati. Tra prove occultate, fiumi di vino e corna a non finire, era il minimo parlarvi di questa miniserie svedese di sei episodi su Netflix.
Male, quasi malissimo
In realtà è tutto molto brutto. Si parte da un episodio di violenza subito da Stella al quale i genitori non riescono a dare soluzione. Adam – da prete – porge l’altra guancia, mentre Ulrika non trova prove a sufficienza per vincere il processo. Insomma, nessuno denuncia e così passano quattro anni in cui tutto va da male a malissimo.
Ulrika, una donna assetata che passa metà della serie con un bicchiere di vino in mano, è troppo impegnata a scambiarsi messaggi con il suo amante, Mikael Blomberg (avvocato pure lui) per accorgersi che qualcosa non va. Adam è troppo impegnato a fingere che vada tutto bene per accorgersi che non va niente bene. Stella passa più tempo possibile fuori casa ed è in una di queste occasioni che incontra Chris Olsen, parte con lui, si innamora e poi lo uccide. Non subito eh! Dopo un po’, quando scopre che il fascinoso ragazzo è in realtà un disgraziato con strane manie di controllo, farmaci per drogare ragazze in un cassetto e sta pure stuprando la sua migliore amica, Amina.
A questo punto, quando la polizia si fa sentire e Stella viene arrestata, diventa difficile far finta di niente. Anche il sacchetto con i vestiti insanguinati e il cellulare di Stella attirano un po’ l’attenzione. Ulrika, allora, pensa bene di far sparire tutto nel cassetto dell’ospizio dove è ricoverato suo padre. Ne approfitta per fotografare documenti riservati sul processo, ravanare in camera di Amina e pure per farsi venire un attacco di panico. Capito che Stella davvero ha ucciso Chris, decide di bruciare tutto nel mezzo di un bosco deserto e gettare il cellulare al centro di un lago. Un atteggiamento quasi normale.
Una quercia Adam… ha detto una quercia
Adam Sandell, da buon samaritano, mente alle domande della polizia, cancella messaggi dal cellulare, importuna il Procuratore e, non pago, si improvvisa investigatore come è quasi normale fare. Ad ogni modo, decide di andare a confidarsi con un collega, in un luogo tranquillo, tra prati sterminati e animali da soma. Qui ha una rivelazione da parte dell’altro pastore: “Sii come una quercia in un’enorme tempesta”. Ora, il consiglio (si capisce) era simbolico ma Adam deve essere un tipo piuttosto pragmatico. I mesi in cui la moglie è uscita per rincasare quasi all’alba non si contano, non si contano le menzogne e nemmeno i messaggi a cui risponde al telefono. Adam sa tutto da un pezzo. Alla fine litiga con Ulrika, le dice di sapere ogni cosa, vuole divorziare, urla, fa un casino pazzesco ma gli torna in mente quel consiglio. La quercia. E così, tutt’apposto, fa quasi finta di niente e come la famosa quercia nella tempesta pianta le sue lunghe corna a mo’ di radici nel terreno e se ne sta lì. Fermo. Anzi no, da bravo cristiano va alla ricerca del primo tizio che ha abusato della figlia e finalmente lo cresima, in mezzo alla strada. Poi però niente, nessuno lo denuncia.
E Stella? Mentono tutti, così tanto e così bene che alla fine non la possono accusare. Direte voi: ma Chris meritava di essere ammazzato? Diciamo che Stella e Amina erano riuscite a scappare e che poi, insomma, è stata una quasi scelta tornare indietro e accoltellare ripetutamente il disgraziato.
Alla fine di tutto, Una famiglia quasi normale è un quasi thriller. Anzi, è il trionfo del “quasi”. Che però, quasi quasi non ci si perde niente se non lo si guarda.