In un’intervista al Corriere della Sera, Francesco Salvi ha raccontato i suoi anni ’80
Francesco Salvi ha iniziato la sua carriera negli anni ’70, ma è stato negli anni ’80 che ha raggiunto la fama nazionale con la sua partecipazione al Drive In e poi anche al Festival di Sanremo del 1989 con la canzone C’è da Spostare una Macchina.
Come è nata “C’è da spostare una macchina”
“Una certa follia positiva è sempre albergata in casa. Mio papà era avvocato, era particolare, era uno dei pochi uomini italiani che non guidava, faceva guidare mia mamma senza meta e ci trovavamo sempre spersi in paesi stranieri e senza permessi di soggiorno; in Svizzera o in Austria, era epico. Poi non voleva mai far benzina, secondo lui la macchina andava lo stesso e così rimanevamo fermi in mezzo alla campagna. Quanti weekend abbiamo passato io e mio fratello a spingere l’auto. È nata da lì “C’è da Spostare una Macchina” Forse in modo inconscio… Anni dopo mi trovai a dover fare la sigla musicale al MegaSalvi, eravamo nel garage di una villetta a Vimodrone quando arriva il tipo del piano di sopra incazzato: C’è da spostare una macchina che non posso entrare!”
“Drive In” e le sue leggende
“Drive In è stato uno spartiacque, una parodia dell’America, con le ragazze appariscenti, con il costumino a stelle e strisce, le moto, questa comicità veloce. Un programma di rottura, perché allora la TV era leggermente avanti rispetto al pubblico, ma il pubblico poi ti seguiva. Si diceva che Berlusconi veniva a trovare le ragazze, ma non era vero. Gli studi erano in periferia a Bande Nere prima, poi a Quarto Oggiaro, una zonaccia; la prima volta che sono andato lì mi hanno rubato l’autoradio, la seconda volta che ci sono tornato l’ho rubata io.”
Il successo e i colleghi
“Già due giorni dopo essere andato in onda feci una serata e mi pagarono 10 volte di più rispetto alla volta precedente. Un milione di lire negli anni Ottanta. Un botto. Eravamo tutti semidisperati. Ricordo una foto con Beppe Viola, Jannacci, Abatantuono, Porcaro, Mauro Di Francesco e Faletti a presentare un programma che non esisteva, che forse avremmo fatto. Jannacci per rincuorarci diceva: dopo ti spiego, ma tanto quando parlava lui non si capiva niente.”
Fonte: Corriere della Sera