A tu per tu con Giovanni Terzi, che si racconta in un’intervista
Trash Italiano incontra Giovanni Terzi, scrittore, giornalista e conduttore televisivo, tra i concorrenti dell’edizione di quest’anno di Ballando con le Stelle. Lo raggiungiamo appena terminati gli allenamenti.
Giovanni, ciao! Ti vediamo sudato ma… allo stesso tempo felice! Come vanno gli allenamenti? Sei stanco?
Sì, sono stanco! Quelli di Ballando sono allenamenti durissimi, soprattutto per me che ero a quota zero in materia di ballo! Però allo stesso tempo sono anche felice e soddisfatto, perché dopo tanto tempo ho ripreso a fare un’attività. Anche semplicemente staccarsi per quattro ore dal telefonino, non rispondere a nessuno e concentrarsi solamente sul ballo mi sta facendo davvero bene! Quindi, già solo per questo, sarò grato a Milly Carlucci e a tutto il suo team per questa preziosa opportunità.
Milly che ne dice dei tuoi progressi?
Beh, che dire? Milly è un capitano eccezionale, ha sempre tutto sotto controllo ed è una donna dalla serietà e professionalità a dir poco esemplari. Cosa dice, chiedi? Non dice niente: osserva, guarda… non mi ha ancora detto nulla, per ora. Incoraggia però sempre tutti a lavorare molto!
Passiamo dal piccolo al grande schermo. In occasione della Festa del Cinema, ad Alice nella Città sarà presentato Shukran, opera prima diretta da Pietro Malagori, e tratto dal tuo omonimo romanzo. Vuoi parlarci di questo progetto?
Il film è tratto dal mio libro Shukran, edito con PIEMME. È una co-produzione italo-francese (ndr, il film è prodotto da Addictive Ideas, Rosebud Entertainment Pictures), verrà presentato il 29 ottobre alle 17.00, all’Auditorium. E io sono molto, molto contento di questo.
La storia di Shukran è ambientata della Siria devastata dalla guerra e parla di un medico che salva un bambino. Da dove nasce l’idea di questo racconto?
Il mio migliore amico, Marco, un giorno mi dice: “Vienimi a trovare, che ti devo presentare una persona”. Lo raggiungo a una colazione di lavoro e mi presenta questo cardio-chirurgo siriano che mi racconta la sua vita. Nel 2015/2016 c’era la guerra in Siria e lui è uno dei più grandi cardio-chirurghi pediatrici che ci sono nel mondo. Si era trovato di fronte una situazione particolare, ovvero quella di scegliere se operare o meno il figlio di colui che aveva ucciso suo fratello, e che era un terrorista dell’ISIS. Allora, il motivo dell’incontro era “ti presento una persona perché ha una bella storia” ed io racconto e ho sempre raccontato storie – e interviste – sui giornali. All’epoca era Il Giornale (a questo link l’articolo in questione). Sentito questo racconto, tuttavia, dissi subito: “Ma questo è ben più di un pezzo, o di un articolo di giornale. Questo è un libro!” Al che lui mi disse: “Se vuoi scrivere un libro vieni con me in Siria”.
E quindi mi ha portato in Siria, dove sono stato un mese. Da quell’esperienza è nato questo romanzo, che è parte importante anche del mio percorso personale. Mia madre, laureata in filosofia, era una donna che viaggiava e che aveva intrapreso una ricerca riguardante le origini dell’umanità. Ricerca che aveva avuto un suo punto di arrivo: aveva fondato a Milano una scuola dove si insegnava ebraico e sumero. Si chiama Centro Studi Vicino Oriente, che adesso purtroppo non c’è più. Quindi, diciamo che l’ho vissuta come una di quelle casualità della vita che ti portano a percorrere dei sentieri intrapresi anche da una persona così importante come mia mamma. Io sono un uomo passionale, ricco di tanti sentimenti… ecco, la storia è nata così.
Hai parlato di un argomento molto importante: la formazione. Come pensi che l’attività di un artista possa essere utile per la crescita dei bambini, futuri uomini e donne del domani?
Io penso che l’arte ha la capacità di pizzicare delle corde in ognuno di noi. E quando c’è una “corda” che viene pizzicata, tipo quella di una chitarra, scatta qualcosa che riverbera e fa nascere altro. Ecco, l’arte ha questa capacità. Si dice che “il bello è soggettivo”: nell’arte guardi qualcosa, rimani colpito, e il fatto che tu venga colpito da quel fenomeno artistico, che si tratto di un disegno o di una canzone, ti fa scoprire nuove sensazioni. Quante volte, ascoltando delle canzoni che ci piacciono, ci sono pensieri e sensazioni che cambiano dentro di noi? Sempre! Quindi, forse l’arte è fondamentale per renderci liberi di poter essere ciò che in realtà siamo. Ci permette di ritrovarci: pizzica quella corda e ritrovi un pezzo di te stesso.
Mi lego a quello che hai appena detto: il cinema è un’arte che racconta per immagini. Da scrittore anche tu, mentre scrivevi questo libro, immaginavi un film, una trasposizione del testo in immagini?
Su questo libro sono stato fortunato, perché ho vissuto le immagini prima di scriverlo. Sono arrivato in Libano, ho attraversato il confine tra il Libano e la Siria, sono arrivato a Damasco, poi sono andato a Latakia, che è una città di mare sul Mediterraneo. Ho visto i colori di Latakia, ho sentito i sapori di Latakia, ho visto la guerra a Latakia. Poi mi sono spostato verso Aleppo, poche ore dopo che l’ISIS l’aveva rasa al suolo. Ho sentito quelle cose, ho scattato delle foto (che nessun giornale mi ha mai pubblicato), avevo scritto un reportage per Panorama per l’occasione. Quindi… in questo caso le immagini hanno aiutato la mia scrittura, mentre in altre situazioni (come quando scrivi un vero romanzo), immagini delle scene, ti fai delle pre-figurazioni… ed è diverso. In questo caso io ho avuto l’impatto, ho visto la popolazione, ho visto la guerra ma quasi non la sentivo perché c’erano gli aerei che passavano sopra le nostre teste di notte. Ho VISSUTO quelle immagini prima di scriverle. Spero di averle scritte bene. Sono immagini molto forti.
Tu hai un’enorme esperienza in campo giornalistico. Qual è la differenza in storie come queste nell’approcciarsi da scrittore e da giornalista?
Io sono una persona che spera di avvicinare le storie sempre senza alcun pregiudizio. Mi è successo così tante volte nella vita, e dicevo: “Porca miseria, quello è un cretino”, e poi è diventato invece uno dei miei migliori amici! Così come tante volte che ho detto: “Quello è un genio” , successivamente ho subito un grande tradimento. Quindi, date queste esperienze, io mi approccio alle storie nello stesso modo: vorrei essere privo di pregiudizi e quindi riuscire a cogliere, nel miglior modo possibile e con la maggior sincerità e onestà intellettuale del caso, ogni momento. Quindi, per rispondere alla tua domanda, per me l’approccio è molto simile sia in un ruolo che nell’altro, perché poi io sono una sola persona, e questo è il mio modo di approcciare alle cose. Sia da autore che da scrittore o giornalista.
Da scrittore, da giornalista ma soprattutto da essere umano: la realtà della guerra è, purtroppo, quanto mai attuale e molto più vicina di quel che si pensa. Tu in che modo ti poni rispetto a questi argomenti e come pensi che la scrittura possa essere utile, in tal senso, nella nostra società?
Sinceramente, non so se sono utile alla società. Perché non sono che una “goccia nel mare”. Però so che le cose sincere e vere vanno scritte. Poi, dopo, come queste possano essere colte non sta a me dirlo. Lo dico con grande sincerità: io non scrivo pensando all’umanità, io scrivo pensando a me. Forse è una cosa che non si dovrebbe dire, ma quando ho in mente un progetto, la prima persona a cui faccio del bene è me stesso. Poi se questo sia in grado di “servire” a qualcun altro, non ne ho idea! Ad esempio, questo libro è diventato un film, e magari il film raggiunge altre persone, quindi ecco, quello che accade non lo so.
Come personaggio pubblico tu sei in qualche modo di ispirazione per molte persone. Quindi, avendo questo tipo di appeal, pensi che il tuo libro (e il film) possano riuscire ad aprire una riflessione o anche a far comprendere la realtà che hai raccontato anche a persone che normalmente non la comprenderebbero, perché magari non ascoltano o recepiscono le notizie in modo errato?
È una domanda veramente complicata… non saprei. Ciò che so è che il fatto di essere noto ti dovrebbe dare una maggiore responsabilità nell’avere dei comportamenti che siano dignitosi. Io ho avuto come esempio due genitori eccezionali, entrambi laureati in filosofia, e di conseguenza in casa si parlava come minimo della metafisica! E quindi del “dopodomani”. Dell’oggi, mai, e nemmeno di ieri. Loro, più che raccontare come doveva essere la vita, hanno sempre vissuto la vita come avrebbero voluto che io la vivessi. L’esempio è la cosa migliore. Io sono uno che ha fatto molti errori nella propria vita, perciò non sono esente da possibili critiche. Se qualcuno legge il mio libro, magari capisce qualche cosa. Però forse per leggere questo libro c’è bisogno del film, per sapere di questo film c’è bisogno dell’intervista con voi, e magari tu che mi intervisti poi ne parli con qualcun altro. Ecco, penso che si attivino dei canali molto più semplici che magari possono aiutare qualcuno ad arrivare a conoscere in maniera sincera alcuni fatti, questo sì.
Passiamo ad argomenti più leggeri. Ti faccio una domanda personale: vivi una storia d’amore (ndr, con Simona Ventura) che per molti è d’ispirazione. Molte donne vorrebbero vivere una storia così romantica. Tu come la racconteresti? E se fosse un film, che film sarebbe?
Che bella domanda! Ci dovrei riflettere, non è facile. Ci sono tanti film… la mia storia d’amore è una storia che m’ha trasformato: Giovanni Terzi di sei anni fa era diverso. Sono cinque anni che sto con Simona, il Giovanni Terzi di cinque anni e un giorno, senza Simona, era un Giovanni Terzi profondamente diverso. L’amore di Simona e per Simona mi ha migliorato. Io mi sento un altro! Questo l’amore lo fa succedere a qualsiasi età, non è vero che a 55 anni uno non può migliorare e cambiare! Se dovessi scegliere un termine che possa rappresentare il mio amore con Simona, sarebbe stupore. Lo stupore quotidiano di svegliarmi e, anche se lei si sveglia due ore dopo, io scendo e scrivo, tra le cinque e mezza e le otto, e ho bisogno di inviarle il messaggio del buongiorno, di portarle il caffè, di mostrarle che sono felice con lei. E la stessa cosa fa lei con me. Quindi lo stupore di scegliersi tutti i giorni, in maniera naturale.
E dunque… il film. La mia storia con Simona è anche una storia di passione: c’è un film che mi è rimasto sempre nel cuore – anche se parla di un amore non sbocciato – si chiama 84 Charing Cross Road, degli anni ’80, Con Anthony Hopkins e Anne Bancroft. Charing Cross Road è una via di Londra, dove c’era una libreria. In questa libreria c’era un vecchio signore (Hopkins), il proprietario, e c’era una donna americana che mandava lettere a quest’uomo per chiedere dei libri particolari, speciali. Così nasce un amore che poi purtroppo non si manifesta (mi scuso per lo spoiler del finale!) perché quando alla fine lei riesce dopo tanti anni ad andare a Londra, quella libreria ha già chiuso e il signore non c’era più.
Ecco, il mio amore con Simona è nato inizialmente con un messaggio, una sera, dopo che ci siamo visti a casa di amici. Lei mi aveva mandato questo messaggio dicendomi che un libro che avevo scritto le piaceva, che lo aveva letto… ma non era assolutamente vero! Non ha mai letto un mio libro in effetti! (ride) Ecco, però da quel preciso istante, io ho sentito che ero legato a lei. Da lì a quando poi ci siamo messi insieme è passato più di un mese, ma sia io che lei sapevamo che stavamo insieme, anche se non ci eravamo ancora rivisti. E questo fatto ha per me una poesia bellissima. Però la nostra è, come dicevo, anche una storia fatta di passione, perché Simona è una donna passionale, io sono un uomo passionale, quindi se dovessi pensare a quale film di passione potrebbe rappresentare la nostra storia, beh… posso dire che c’è un libro che sto scrivendo e che parlerà proprio di questo. Dunque… diventerà un film.
A proposito di passione e passionalità: ballare è un’attività che, secondo molti, ha un sapore afrodisiaco. Tu e Simona concorrete a Ballando con le Stelle. Come vivi questa sfida con la tua compagna?
Io la vivo con una gioia immensa, perché mi sto divertendo come una canaglia! Ho queste tre, quattro ore al giorno in cui stacco il cellulare e mi metto a ballare! Come saprete io ho una malattia e il ballo è per me una dimensione terapeutica. Mi sono passate tante cose, ho perso almeno 3 chili, sto da Dio! Sono carico a pallettoni anche se sono stanco. Ovviamente la competizione c’è, nel senso che io non so ballare, non ho mai ballato nella mia vita, e quindi dopo i primi passi mi son detto: porca miseria, non solo non ho mai ballato, ma sono lontano anni luce da tutto questo! Ma, incredibilmente, il cervello fa un gioco stranissimo: non sai ballare, non sai far nulla, però sei in una gara e quindi vuoi fare il meglio.
Io sono incosciente, in questo senso: voglio gareggiare facendo il meglio che posso. La gelosia con Simona non c’è, nel senso che ovviamente io sono geloso perché so che Simona è una donna di valore e che ci sono tante persone che sicuramente saranno meglio di me e che potrebbero innamorarsi di lei, ma non è una gelosia “sulla persona”. Peraltro, siamo stati molto fortunati, perché Samuel Peron, che conosco, è una persona meravigliosa e Giada Lini, che ho conosciuto e che ha conosciuto anche Simona, è una ragazza fantastica, con un marito super figo! Quindi siamo proprio tranquilli: se una donna come Simona e una persona come me avesse bisogno di un programma TV per avere una storia… beh, vorrebbe dire che avrei sbagliato tutto! Quindi non c’è gelosia, anzi, c’è molta complicità in questa situazione.
Poi c’è gara, certo: c’è sempre Davide che batte Golia! Io e Simona giochiamo a biglie, giochiamo a ping pong insieme, e non è che finisce sempre in pareggio! Uno dei due vince… e quando vince l’altro, sempre ci si incavola un po’! (ride)
Amore e competizione. Avete mai vissuto la competizione, dato che siete entrambi figure note nel mondo dello spettacolo?
Dunque, appena sono arrivato a Ballando, ho detto: io sono qui perché sono il compagno di Simona, e questo mi è chiaro, e non è un problema. Ballando non avrebbe chiamato di certo me! Dall’altra parte, però… rischio di durare come un gatto in Tangenziale: nel cast ci sono personalità molto importanti, ma questo non impedisce che io voglia batterli tutti, compresa Simona!, Ma questo è normale, è lo spirito della gara. Se no che gara sarebbe?!
Perché credi che siano importanti, ad oggi, programmi come Ballando con le Stelle?
Innanzitutto perché hanno dentro una educazione particolare: il ballo è qualcosa di bellissimo, ci sono andato – come si dice? – “in scimmia”, ho guardato tutti i video che ho trovato di chi balla tango, jive, rumba, samba… sono andato fuori di testa, a Ballando hanno costruito un mostro! (Ride) E poi, dicevo, ha dentro una educazione che mi piace tantissimo, perché lasciando stare gli scambi con la giuria che magari a volte sono un po’ “al pepe”, e ci sta bene, è una gara che implica dei passaggi importanti: io che voglio raggiungere un risultato, io che cerco di migliorarmi, io che mi metto in discussione… cioè ci sono tutti quegli ingredienti che servono a una società per raccontare anche il meglio della società stessa. E poi lo fa in maniera super-professionale e super-educata: credimi, il mio problema sarà DOPO Ballando!
Tutte le persone che sono attorno a te in trasmissione vogliono insegnarti bene, sono tutti gentili (ma anche molto rigidi), e tu fatichi, sudi, migliori nel ballo… entri in una “bolla” che poi, quando ne esci, resta la nostalgia di Ballando!
Tu e Simona ballate mai insieme?
In vacanza! (ride) Qui è la prima volta che facciamo una trasmissione insieme, eppure siamo separati: le mie ore di allenamento sono la mattina, le sue gliele mettono magari nel pomeriggio. Abbiamo iniziato circa due settimane fa a ballare con i nostri rispettivi insegnanti. La competizione, per ora, non è ancora nata tra noi. Anche perché nella mia testa io voglio andare avanti il più possibile, ma Simona è una che sicuramente andrà avanti tanto! Non so neanche se avrò la possibilità di affrontare una sfida! Prima c’è la competizione tra me e me, e poi tra me e gli altri undici concorrenti.